Akhenaton, il faraone eretico, e il “legame” con i Templari

Antonio Masala

Di Templari se n’è parlato tanto, e chissà ancora per quanto se ne parlerà; biblioteche che traboccano di libri sull’Ordine del Tempio, fiumi di inchiostro versati. Ciò non significa che non se ne debba più parlare, né tantomeno desidero essere una voce fuori dal coro, ma anzi vorrei provare a trattare argomenti non direttamente collegati a quei cavalieri rosso crociati, per poi trovare invece un fil rouge che in qualche modo li tiene insieme.

Pertanto oggi parlerò di Akhenaton, il faraone eretico, il cui “legame” con i Templari è costituito dal cosiddetto culto della testa, pratica ancestrale millenaria di cui si presume fossero idolatri anche quei cavalieri, i quali furono accusati di adorare un idolo dalle fattezze di una testa barbuta.

Com’è noto, gran parte della storia antica è permeata dagli usi, costumi, tradizioni e culti di derivazione egizia. Se tante sono le dinastie e numerosi i faraoni che hanno fatto scrivere fiumi di pagine, ci soffermiamo in particolare su Akhenaton, sia per la sua rivoluzione monoteistica, sia per le affinità con i templari con riferimento al culto della testa. Tale faraone, appartenente alla XVIII dinastia, nacque intorno al 1396 a.c. dall’unione di Amenothep III (o Amenofi) con Tiye, sposa di sangue non reale, ma figlia di un nobile dell’esercito, di origine semita. Al secolo noto col nome di Amenofi IV, dopo alcuni anni di regno modificò il nome in Akhenaton (lo spirito dell’Aton) in ossequio al nuovo culto che si preparava a propagandare e, ponendosi in aperto contrasto con la divinità di Amun/Ra, spostò la dinastia da Karnak ad Amarna. Etichettato dalla storia come faraone eretico, fa parte di quel gruppo di faraoni maledetti di Amarna e le motivazioni appaiono subito logiche: intanto la madre era stata nominata Grande Sposa Reale pur non avendone titolo, con l’aggravante di essere figlia di un visir ebreo, ma soprattutto avrebbe attirato su di sé le ire della classe sacerdotale per aver privilegiato l’Aton come divinità prevalente (infatti non sembra si sia trattato di un monoteismo puro, ma di una supremazia). La storia di Akhenaton s’intreccia con la figura biblica di Mosè tanto che alcune correnti di pensiero, ovviamente sulla scorta di pure congetture, hanno provato a far coincidere le due figure

. L’ipotesi, ove mai fosse vera, sarebbe altamente esplosiva; in realtà la storia di Mosè, così come ce la racconta la Bibbia, presenta sicuramente alcuni aspetti che non convincono. Secondo la storia tradizionale Mosè era un ebreo nato in Egitto il quale, in seguito ad un editto con il quale un faraone (mai menzionato) ordinava di uccidere tutti i figli maschi semiti, sarebbe stato nascosto in una cesta di vimini e abbandonato alle acque del Nilo, per poi essere rinvenuto e adottato dalla figlia del faraone che era andata a bagnarsi. Come inciso, si sottolinea il fatto che il tema della cesta in cui viene ritrovato il futuro re è piuttosto ricorrente nella mitologia, sia prima che dopo Mosè (Sargon, Romolo e Remo, Perseo, Dioniso, ecc). Inoltre sembra fosse stato proprio Amenofi III ad ordinare alle nutrici della moglie di uccidere tutti i suoi eredi per evitare il polverone scaturito dalla nascita di figli di sangue ebreo.

Una prima incongruenza si può riscontrare sulle modalità dell’adozione: la figlia del faraone, erede al trono e futura Grande Sposa Reale, sarebbe stata sicuramente inavvicinabile e scortata da grossi energumeni e pertanto risulta allora difficile pensare che una schiava ebrea avesse potuto avvicinarla per consegnarle il virgulto in fasce.

Ancora: la pratica della circoncisione che si vuole istituita dallo stesso Mosè è, in realtà, una documentata pratica egizia (lo dice Erodoto e lo confermano le mummie ritrovate). Perché allora un ebreo avrebbe imposto una pratica straniera al suo popolo?

Mosè poi è spesso raffigurato con un bastone dai poteri taumaturgici e guaritori che si trasformava in serpente, tipico dei sacerdoti dei faraoni egizi e la parola Mos significa “figlio ed erede legittimo”, tant’è che viene usato come suffisso da molti faraoni.

I geroglifici ci mostrano molti dei dell’antico Egitto portati in processione su barche stilizzate denominate anche arche e, guarda caso, Mosè costruisce l’arca dell’alleanza.

Ma la più curiosa coincidenza riguarda l’identità di pensiero delle due figure, dato che anche Mosè avrebbe imposto al suo popolo il monoteismo.

Tornando alla storia di Akhenaton il pargolo, scampato alla suddetta strage, potrebbe aver passato l’infanzia a Eliopoli e fu proprio in quella città, insediamento di numerosi ebrei, che il futuro faraone avrebbe concepito la nuova divinità, forza invisibile e Dio di tutta l’umanità, cui impose nome Aton. L’Aton, a differenza del precedente Amon, non incarnava il Dio Sole, ma l’essenza di un Dio Invisibile, di cui il disco solare con lunghi raggi che terminavano con delle manine, ne era esclusivamente una rappresentazione iconografica.

Diventato adulto, il futuro faraone ritornò a Tebe, fu riconosciuto erede, sposò come consuetudine la sorella Nefertiti e regnò, inizialmente insieme al padre, sviluppando le sue dottrine eretiche e provvedendo alla distruzione di vari templi, sostituiti da altri dedicati al nuovo dio Aton. A seguito dei già citati contrasti si trasferì ad Amarna, proprio come Mosè che, secondo il Talmud, fuggì dall’Egitto (il famoso esodo) perché avrebbe scoperto una cospirazione contro di lui.

È però sicuro che la dottrina di Akhenaton non scomparve con lui, ma trasmigrò insieme ai suoi tesori ad opera dei suoi sacerdoti fedelissimi, scampando così alla persecuzione e all’oblio; testimonianze ne sono i siti di Qumran, le tracce rinvenute sull’Isola Elefantina o in altre regioni che dimostrano il passaggio di tali profughi.

Altri studiosi ritengono invece che il personaggio di Mosè fosse successivo a quel periodo e pertanto vorrebbero trovare un nesso di successione con la figura di Giuseppe, uno dei dodici figli di Giacobbe e figura di spicco nella Bibbia, il quale potrebbe essere stato visir di Akhenaton. È solo uno spunto di riflessione, ma qui non rileva sapere se poi Mosè ed Akhenaton fossero stati o meno la stessa persona o sia stato Giuseppe il tramite della sopravvivenza del suo culto; interessa invece la controversa figura di questo faraone che, tra l’altro, avrebbe rivitalizzato l’antico culto della testa, esistente già da alcune migliaia di anni, che ha tante connessioni con ritualità occidentali di molto successive a quel periodo.

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